Pannelli solari verticali, affitti studenteschi, scarti vegetali, comunicazione accessibile e biopelle dal caffè: questi, in estrema sintesi, i cinque temi delle idee imprenditoriali selezionate come vincitrici della prima edizione della Call for Startup, iniziativa lanciata da C.NEXT Ivrea a fine aprile.
Eccoci alla seconda tappa del nostro Viaggio in Italia, alla ricerca del potenziale d’innovazione delle regioni italiane: il Veneto.
Un modello di competitività e innovazione
Se l’Italia ha bisogno di modelli per rilanciare la sua competitività, questa regione si candida a essere uno dei più solidi. Esteso e ben collegato grazie a tre aeroporti internazionali e circa 450 km di rete ferroviaria classificata come “fondamentale”, il Veneto coniuga tradizione produttiva e tensione innovativa come pochi altri territori. Qui l’innovazione è una realtà concreta, diffusa e trainante.

Distretti produttivi e manifattura
Quarta regione in Italia per numero di imprese attive (418.367) e terza per incidenza di imprese manifatturiere (11,1%), il Veneto figura stabilmente sul podio dell’industrializzazione italiana, con una moltitudine di distretti produttivi che lo rendono uno dei più articolati sistemi manifatturieri d’Europa. Questo tessuto si distingue per resilienza, capacità di esportazione e adattabilità ai cicli economici globali. In particolare Vicenza, con il 15,3%, è la terza provincia italiana per incidenza di imprese manifatturiere.
Dalle calzature alla meccanica, dall’occhialeria al biomedicale, i 28 distretti industriali veneti – circa il 20% di quelli italiani – non solo sopravvivono ma continuano a rigenerarsi. E proprio in questo dinamismo risiede la chiave del loro successo: l’innovazione è integrata nel “fare”, nella capacità artigianale che si evolve in tecnologia, nella microimpresa che scala verso l’industria 4.0. Confermano questa integrazione i dati relativi alla Ricerca e Sviluppo del settore privato che collocano la regione Veneto al settimo posto in Italia, quarta per numero di brevetti registrati.

Un ecosistema fertile e distribuito
Verona, Padova e Venezia costituiscono l’asse dell’innovazione regionale. In quest’area si concentrano università, poli tecnologici, incubatori, imprese ad alta intensità di ricerca, espressione della vivacità di un ecosistema fertile, dove le reti tra imprese, ricerca e istituzioni funzionano.
La capacità del Veneto di moltiplicare cluster e filiere collaborative è uno dei suoi maggiori asset. L’innovazione non è concentrata, ma diffusa, reticolare, radicata nei territori e supportata da un sistema ricco e complesso di “luoghi dell’innovazione”, tra cui 5 incubatori certificati, 3 acceleratori di CDP, 2 European Digital Innovation Hub, 1 Competence Center, 22 cluster innovativi, per citarne solo alcuni.
Formazione di qualità
Altro punto di forza, spesso trascurato, è la qualità della formazione: il Veneto offre percorsi educativi e formativi di alto livello, orientati alle competenze richieste dal mondo produttivo. Scuole tecniche, atenei (4), ITS (8) e centri di ricerca collaborano attivamente con il mondo imprenditoriale. È questo uno degli elementi centrali del modello veneto: la formazione è parte integrante dell’innovazione e i risultati confermano la sua efficacia registrando un tasso di disoccupazione al 3% (seconda regione in Italia) e una incidenza di NEET (persone non occupate e non inserite in percorsi di formazione) al 10,5% (terzo dato migliore in Italia).
Anche il turismo in crescita
Infine il settore turismo/accoglienza vede il Veneto come migliore regione d’Italia in termini di presenze assolute: 21,8 milioni di turisti nel 2024, per un totale di circa 73,5 milioni di notti trascorse, con un +7,8% di turisti (incremento maggiore rispetto alla media italiana del +6,3%) e +3,1% di notti rispetto al 2019.
Il Veneto è dunque una regione che ha saputo trasformare la propria tradizione produttiva in un sistema innovativo e competitivo, sfruttando al meglio la rete di connessioni fisiche e digitali e la qualità della formazione. Un territorio che ha già tracciato una via concreta all’innovazione diffusa, che parte dai distretti e arriva fino ai laboratori d’avanguardia, generando un circolo virtuoso da proteggere e alimentare.

Fonti