Per la nuova puntata di “Prospettive” abbiamo intervistato Stefano Corgnati, Rettore del Politecnico di Torino
L’università è di fronte a una sfida: aprirsi sempre di più al mondo industriale e valorizzare le opportunità offerte dalle aziende del territorio, per attrarre talenti e trasformare l’innovazione in una filiera, all’interno di un ecosistema più ampio caratterizzato da dialogo e scambio continuo.
Ma quali sono le difficoltà di questo approccio? E come si possono superare?
Lo abbiamo chiesto a Stefano Corgnati, Rettore del Politecnico di Torino, nella nuova puntata di “Prospettive”
Il Politecnico di Torino è un’eccellenza a livello internazionale, con più di 38.000 studenti, 11 Dipartimenti e 13 “Centri Interdipartimentali”: luoghi e team capaci di aggregare competenze verticali e multidisciplinari, su ambiti applicativi ben definiti, che collaborano tra loro per risolvere un problema in un mondo sempre più complesso.
La creazione di questi gruppi si inserisce in un modello pensato per vincere la sfida di attrarre (e trattenere) talenti, offrendo loro opportunità concrete di collaborare tra loro e con le aziende del territorio, a loro volta alla ricerca di competenze in grado di creare innovazione continua.
Per fare questo è necessario considerare l’innovazione come una filiera, intervenendo a livello di sistema per essere efficaci e favorire il dialogo tra università e impresa. Questo è reso complicato da tre fattori principali:
- La difficoltà nel comprendersi, a causa di un diverso linguaggio e della “grammatica” usata
- La diversità di tempi, più lunghi nel mondo della ricerca rispetto a quello del lavoro
- La struttura dell’università, poco compatibile con quella delle aziende
Per questo è necessario avere intermediari di valore e di fiducia, soggetti votati all’innovazione e capaci di aggregare e far dialogare soggetti diversi usando un linguaggio comune, anche grazie a bandi e attività di ricerca specifiche in grado di ottimizzare la collaborazione: l’università e il trasferimento tecnologico per le imprese devono trovare un terreno comune e percorrerlo insieme, ognuno con le sue competenze e specificità.
Per favorire questo modello è necessario però anche un investimento a livello di Paese sull’università italiana, già oggi capace di esprimere una didattica di eccellenza e con costi competitivi a livello internazionale, ma che sempre più deve strutturarsi all’interno di un ecosistema dell’innovazione.

