Storie d’Impatto – Andersen Italia
Intervista a Francesco Marconi, partner dello studio Andersen
Quali sono i principali Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) più identificativi per la vostra realtà?
L’attività di Andersen è incentrata sulle persone e sull’erogazione di servizi professionali. Anche per questo la nostra attenzione è rivolta in modo particolare agli SDG relativi alla parte social e di governance.
L’impegno verso la persona è riconducibile sia all’ambito tecnico-professionale, quindi relativo allo sviluppo di competenze tecniche, sia alla crescita come individui, con l’introduzione di percorsi di carriera trasparenti che comprendono anche il consolidamento di soft skill. Come Andersen operiamo affinché queste possibilità siano sempre più accessibili e inclusive.
Non va dimenticato poi il tema dell’impatto sull’ambiente: la sostenibilità, in questo senso, ha infatti ricadute concrete sui modelli di impresa e di business che seguiamo quotidianamente insieme ai professionisti che lavorano con noi.
Quali attività e iniziative avete in programma nell’immediato futuro per raggiungere questi obiettivi?
All’interno della nostra organizzazione abbiamo avviato iniziative rivolte a specifiche fasce di età, con percorsi di professionalizzazione rivolti ai giovani, sia in ambito nazionale che internazionale. L’obiettivo è quello di coinvolgerli su tematiche di cultura d’impresa con una forte attenzione anche alle questioni di carattere etico, andando quindi oltre le competenze strettamente tecniche.
Queste attività di formazione puntano anche sulle soft skill, per esempio a livello di “future leadership”, per sostenere una sana crescita professionale all’interno della struttura organizzativa, che guardi anche al medio-lungo periodo, alla continuità e alla crescita del gruppo, al di là dei singoli professionisti.
A fianco di queste attività, rivolte ai collaboratori, ci sono poi iniziative pensate per specifiche categorie esterne al nostro studio: in questo momento, come Andersen Italia e insieme a soggetti istituzionali no profit, stiamo sviluppando un percorso di formazione a imprenditori in diversi Paesi africani. In questo modo forniamo loro un supporto per avviare collaborazioni e attività di business con imprese italiane, con una particolare attenzione ai temi della sostenibilità nativa dei progetti e dello sviluppo dei territori.
Quale impatto concreto sulla vostra realtà, in termini di sviluppo e crescita, immaginate possa avere lo strumento della Relazione d’Impatto?
Sicuramente abbiamo registrato una crescita della consapevolezza di far parte dell’organizzazione. Mi spiego meglio: noi periodicamente coinvolgiamo i nostri collaboratori attraverso questionari sui temi dell’impatto sociale e della sostenibilità, che poi ci aiutano a redigere la Relazione d’Impatto annuale. L’ultimo questionario ha registrato un’adesione di oltre il 90%, quindi con un ottimo coinvolgimento delle persone che invece, in genere, vedono queste attività come adempimenti che rubano tempo al lavoro quotidiano.
In realtà ci siamo resi conto che dopo aver svolto percorsi di formazione interna e di sensibilizzazione rispetto a queste tematiche, c’è la volontà dei singoli di dire la propria, di far sentire la propria voce, anche attraverso critiche costruttive, con un impatto positivo sull’organizzazione e sulla collettività.
Ci sono poi degli effetti indiretti: i clienti e le aziende sono sempre più sensibili al tema dell’impatto sociale e dobbiamo essere noi i primi a dare l’esempio, anche per un discorso di coerenza. È quindi necessario mettere in atto iniziative concrete per far percepire l’importanza delle tematiche di sostenibilità, dal top management fino al nuovo assunto. Questo ci ha spinti a creare dei percorsi personalizzati sulle necessità dei singoli.
Il Covid ci ha insegnato a lavorare tenendo conto anche delle esigenze extra-lavorative, con un miglioramento della felicità e quindi della produttività delle persone, che si sentono certamente più coinvolte in un contesto in cui la loro voce è ascoltata.
Perché avete scelto di entrare in C.NEXT e che ricadute vi immaginate da questa collaborazione?
Noi crediamo in questo progetto perché è focalizzato sui territori e prevede lo sviluppo di un sistema in ambito nazionale e internazionale, che è un po’ la nostra stessa filosofia. Anche il nostro studio, infatti, ha diverse sedi ed è basato su capacità diffuse che vanno a collaborare.
Vediamo nel sistema di C.NEXT la capacità di sviluppare competenze diffuse sui territori, andando a riprendere una tradizione imprenditoriale dell’industria italiana in un’ottica di innovazione tecnologica e sostenibile.
Inoltre, il fatto che C.NEXT sia nata fin da subito come Società Benefit è sicuramente un valore distintivo: questa scelta ci rappresenta da un punto di vista etico e di creazione di modelli d’impresa in cui ci riconosciamo.